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Dedicato ai miei amici...

Ho atteso a lungo prima di scrivere qualcosa, perchè scrivere viene dall'anima e non si può scrivere solo per imbrattare le pagine. Di mestiere faccio la giornalista ed è la cosa che adoro di più al mondo, la penna, e sottolineo la penna, e non la fredda tastiera del pc, è un'arma che va usata sempre con cautela. Non è ancora un anno che vivo in Giappone e grazie all'aiuto di amici faccio delle saltuarie collaborazioni con i media giapponesi, vivo un po' qui e un po' li, in Italia. Adesso però mi sento emozionata perchè trascorrerò qui il mio primo capodanno, con i miei amici, dai quali, credetemi, è difficile separarmi. Loro li ho trovati qui, sembravano mandati dal cielo e sono arrivati da subito a guidarmi in questo posto per me sconosciuto.
La prima volta che sono arrivata in Giappone, all'aeroporto di Narita, pioveva molto forte, non avevo l'ombrello ed ero sola, mi sentivo davvero disorientata e all'improvviso mi è apparsa Ryo, una bellissima ragazza giapponese, ha diviso con me l'ombrello e, incredibile, ma vero, mi ha accompagnata fino al piccolo appartamento che avevo affittato: non ci siamo più separate...
Un giorno mi trovavo a Shinjuku da sola, non conoscevo ancora bene i luoghi e stavo consultando una cartina per orientarmi e mentre quasi parlavo a voce alta, si è fermato Issei che mi ha spiegato che la mia cartina era al contrario e non avrei raggiunto nessuna destinazione.  Ryo e Issei sono stati i miei primi amici, e sono preziosi quanto lo può essere un primo amore. Loro mi hanno guidato attraverso questa terra, me ne raccontano le tradizioni e i difetti. Con loro ho vissuto i momenti di questa ultima campagna elettorale, discutiamo di calcio, guardiamo insieme le partite e passiamo insieme i nostri momenti, quelli tristi e quelli felici. Oggi questo post vorrei dedicarlo a loro e a tutti gli altri che mi hanno accolto con affetto in questa terra. Perchè non si può vivere da soli,e un posto è fatto di luoghi belli e brutti, ma anche di persone, di sorrisi, di scambi d'intesa. Perchè Issei sa già cosa sto per dire quando apro la bocca, sa già dove voglio andare quando sono giù e cosa vorrei vedere quando sono contenta. Perchè Ryo e molto dolce con me, mi riempie di attenzioni e mi prepara delle buone cenette e mi fa sentire a casa. Perchè tutti gli altri amici, Jun, Tomohide, Seiya e Sachimi ci sono sempre. Perchè in questo luogo pieno di meraviglie io non mi sento mai sola e lo devo a loro che adesso stanno anche imparando l'italiano. Grazie Giappone e grazie amici di esistere...

Visite ed etichette nei templi Shintoisti

Fin da bambina, guardando i cartoni animati giapponesi, permeata da una enorme curiosità, mi sono sempre chiesta cosa fossero le campane che si trovano nei templi giapponesi e perché si facessero suonare. Arrivata in Giappone sono riuscita a soddisfare la mia curiosità.
Durante la mia prima visita ad un tempio Shintoista, ho chiesto agli amici giapponesi che mi accompagnavano come bisogna comportarsi all'interno delle sue mura per rispettare chi vi si reca per fede. 
In effetti i costumi e le usanze dello Shinto, che poi è la religione indigena del Giappone, a noi occidentali non sono per niente noti, ma i miei amici mi hanno incoraggiato a seguire tutto ciò che facevano gli altri...
Prima di tutto si esegue un Temizu purificante (da mani "te" e mizu "acqua"), ovvero una simbolica pulizia delle mani, molto importante perché sta a simboleggiare la pulizia da ogni tipo di brutte cose, quasi come un lavaggio spirituale dell'anima. 
All'ingresso di ogni tempio troveremo quindi un diverso modo per lavare le mani, un area chiamata chozuya o Temizuya,in cui tutti i visitatori fanno una sosta prima di proseguire.
Il passo successivo è recarsi di fronte a ciò che per gli Shintoisti può essere considerato un altare e improvvisarsi in un rituale chiamato Hairei
Come si fa un Hairei?
Nell' Haiden, l'altare shintoista, si trova sempre una cassetta per le offerte e una campana con una corda, basta tirare la corda per far suonare la campana e inserire l'offerta (non è indispensabile), inchinarsi due volte, applaudire due volte e rimanere un momento con le mani giunte davanti al cuore, prima di esibirsi in un altro inchino di saluto.
Lo Shintoismo secondo la classifica delle religioni è considerato una religione politeista con tratti sciamanici. Gli shintoisti adorano i Kami, ovvero spiriti che personificano la natura, come nel caso di Amaterasu, la dea del sole. Anche il Dio dei cristiani in quest'ottica è considerato un Kami. Insieme al Buddhismo, lo Shintoismo è una delle religioni più praticate del Giappone di oggi.

Tsutsumi e l'arte del dono


Ricevere un regalo da un giapponese è davvero una bella esperienza dalla quale possiamo apprendere molto. Ho scoperto solo abitando qui la gioia di ricevere qualcosa con affetto. Un dono in Giappone è quasi come una cerimonia che inizia già al momento dell'acquisto, ma la cosa più bella è il momento in cui lo si riceve, si perchè, qui, il gesto del donare viene accompagnato  dalla frase: "tsumaranai mono desu ga" (questa è un cosa senza valore ). E' una frase che sta ad indicare l'umiltà con cui si regala qualcosa e l'importanza che ha la persona che lo riceve. Questo non vuol dire che il dono che si riceve è senza valore, anzi ogni dono viene scelto con il cuore sperando che piaccia e viene offerto in confezioni straordinarie, con stupende carte da regalo o comunque presentato in maniera tale da allettare subito la vista e catturare l'attenzione.
 La prima volta che ho ricevuto un dono sono rimasta sorpresa da questa frase e dall'inchino ossequioso del mio amico, ma ho subito capito il rispetto che questa frase trasudava, rispetto che non era limitato alla mia sola persona, ma anche al dono che mi porgeva tenendolo con entrambe le mani, cosa molto importante anche questa.
In questo paese, anche l'arte di confezionare gli oggetti ha un nome: tsutsumi, letteralmente avvolgere, confezionare, ma anche nascondere. Ogni persona sceglie uno tsutsumi, cioè la confezione, in base al dono acquistato. Perfino i fiori possono avere confezioni diverse e in questo caso gli involucri prendono il nome di hanatsutsumi.
La tradizione di scambiarsi doni in realtà in Giappone ha origini religiose. Gli scintoisti regalavano cibo ai loro dei in cambio di salute, fortuna e raccolti abbondanti e già allora questi doni venivano avvolti in gran stile e presentati accompagnati per lo più da materiali reperibili in natura come il bambù.
Va detto che in quel periodo però ad usare la carta erano in pochi, poichè veniva considerata sacra per gli dei, prova ne è l'omofonia esistente tra carta e Dio (entrambi si traducono con la parola kami).
Anche per questo motivo le carte regalo non vanno buttate via o strappate, ma sono una parte integrante del dono che va conservata ‘come una cosa preziosa’ e va addirittura riusata quando è possibile. Solitamente non è considerato educato aprire i regali di fronte agli ospiti, tanto meno rovinando o gettando la carta. Così adesso ho un cassetto colmo di bei sacchetti e bellissime carte da regalo che però non riesco ad utilizzare, ogni fantasia, ogni singola confezione mi ricorda, un volto, un momento o la persona che mi ha fatto il dono e davvero penso che mai riuscirò a separarmene...

Gli zoo cafè e il rispetto per tutte le cose


Avreste mai immaginato di prendere un caffè in compagnia di falchi, serpenti, capre e gatti?
In Giappone anche questo è possibile, anzi sta diventando una vera e propria mania che attraversa tutto il paese. 
Sapevo già quando ho deciso di venire a vivere qui che, oltre per la cultura e le tradizioni, il Paese del Sol Levante è noto anche e soprattutto per le sue innovazioni, ma forse non mi aspettavo lo fosse fino a questo punto. 
Da tempo ormai si parla dei famosi Neko cafè (le caffetterie con i gatti), quasi non fanno più notizia, ma adesso molti animali, alcuni dei quali davvero insoliti, iniziano ad affollare i locali che, grazie ai loro ospiti strani godono di enorme popolarità.
Sono entrata solo per caso qualche giono fa al Sakuragaoka Cafe di Tokyo, e mentre sorseggiavo il mio tè, parlando con un'amica,  completamente immersa tra i grattacieli di Shibuya con lo sguardo, ho notato che tutti gli occhi dei clienti erano puntati in uno stesso punto, un piccolo cancelletto in ferro dove all'interno si trovavano due caprette, che poi ho scoperto essere Chocolat e Sakura, una bianca (Sakura) ed una marrone (da qui Chocolat). La mia amica giapponese mi ha spiegato che oramai sono diventate quasi le mascotte del quartiere, visto che spesso vanno a passeggiare persino alla stazione, nei dintorni della statua del cane Hachiko.
Così mi sono informata e ho scoperto che tenere animali all'interno dei locali è diventata davvero una moda.
A Chiba, c'è una caffetteria chiamata  Zoo Little Cafe, dove si trovano più di 20 diverse specie di animali, alcuni rari. Qui è possibile prendere un caffè o un tè circondati da tartarughe, falchi, pitoni e altri animali stravaganti.
I proprietari del locale, marito e moglie, sono molto orgogliosi dei loro ospiti e sottolineano spesso quanto alcuni dei loro animali siano veramente difficile da trovare anche in un vero zoo.
Ma quale il motivo di questa stravaganza?
Penso che serva a rilassarsi e a godere dei pochi minuti di pausa che i Giapponesi hanno a disposizione, una sorta di Pet-Therapy contro lo stress.
Mi chiedo se questa moda potrebbe arrivare fino in occidente, ma in realtà penso di no. Qui in Giappone ho notato un grande rispetto per gli animali, così come per tutte le altre cose. Una volta un mio amico giapponese mi ha detto che tutti gli oggetti hanno un anima e devono essere rispettati ed utilizzati solo per lo scopo per cui sono stati creati. Qui in Giappone non si spegne mai una sigaretta nel piatto o nel bicchiere perchè per questo esistono i posacenere.
Lo stesso rispetto esiste per gli animali, basta osservare il modo in cui vengono trattati i gatti, che qui sono più diffusi rispetto ai cani. 
Anche per queste cose trovo il Giappone meraviglioso, questo modo di fare mi ha conquistato e pian piano sta diventando parte di me...

Tutti in fila per il Mini-IPad

Vivendo qui, più volte ho cercato di sottolineare la differenza tra la cultura orientale e quella occidentale, ma  mi rendo conto che spesso non esiste differenza tra un giapponese, un italiano o un americano. Tutti i popoli sono affamati di tecnologia e del possesso di oggetti sempre più nuovi e all'avanguardia. Perchè anche in Giappone possedere il nuovo, l'ultimo o il più tecnologico è un vero e proprio Status symbol. 
Era già successo a settembre quando fece la sua prima apparizione I-Phone 5 e il fenomeno si è ripetuto ieri e oggi visto che per tutto il giorno i giapponesi hanno atteso l'arrivo del Mini-Pad, il nuovo appetitoso prodotto della Apple.
 Il quartiere di Ginza, dove si trova l'Apple Store è stato praticamente preso d'assalto per ore e ore da una moltitudine di amanti della tecnologia che per l'occasione hanno portato con se bento, bevande e snack vari. L'attesa è stata lunga e addirittura per qualcuno è durata anche 18 ore.
Neanche il freddo, visto che le temperature oscillavano tra i 15 e i 17 gradi, ha fermato gli impavidi Apple-dipendenti che in maniera molto educata, come succede qui in Giappone, e senza cercare di fare i furbi, come invece tristemente accade in Italia, si sono messi in fila davanti al famoso mega-store e qualcuno addirittura aveva con se anche plaid e coperte. Televisioni, radio e giornali, hanno intervistato tutti e immortalato questa seconda coda dell'anno.
Tutti aspettavano con ansia di poter entrare e acquistare questo nuovo gioiellino della "mela" più famosa del mondo.

Chissà se, come in Italia, il resto della popolazione giapponese, criticherà il modo di fare di questa sparuta minoranza ...
Certo che anche in Giappone la crisi inizia un pò a farsi sentire...

I colori dell'autunno (aki no iro - 秋の色)

A come Autunno, in Giapponese aki (あき), amo questa stagione e ancor di più da quando ho deciso di trasferirmi in questa città. Se la primavera si fa amare per il suo colore meraviglioso dovuto ai milioni di fiori di ciliegio (sakura) che tingono di rosa e viola la città, non è da meno l'autunno che dispettoso ruba la tavolozza alla primavera e ridipinge la natura di rosso e giallo oro. Sono gli aceri giapponesi (momiji), i dominatori di questa stagione. Non importa il mio umore quando la mattina metto piede fuori casa, perchè abitando nelle vicinanza di un parco, mi basta aprire gli occhi quando esco dal cancello per ritrovarmi sempre e comunque capace di un sorriso. 
Ah! la natura. ah! questa terra. Pensavo che solo gli stranieri (gaijin), come me, potessero sentirsi così e che i giapponesi fossero abituati a queste meraviglie, ma no, mi sbagliavo. 
Tutti, indistintamente si fermano ad osservare, sentono il profumo dell'autunno nell'aria, passeggiano per i boschi, si intrattengono seduti nei prati e chiacchierano allegramente godendo di questi piccoli raggi che passano attraverso le nuvole della stagione. Studenti, famiglie, bambini e uomini d'affari che in pausa pranzo consumano il loro bento sotto un albero. 
Uno spettacolo che si ripete ogni anno che si chiama Kouyou (こうよう) e che inizia ad ottobre al nord e si conclude al sud a fine novembre. I luoghi per godere in pieno di questa meraviglia sono tanti e i giapponesi li conoscono tutti. Vicino Tokyo, per esempio, c'è un giardino in puro stile nipponico, il suo nome è Rikugien (giardino delle 6 poesie) e lì è possibile ammirare nella sua pienezza l'esplosione dei colori della natura. Poi c'è anche Tsuruoka hachiman-gu, il più importante santuario scintoista di Kamakura, luogo splendido, che proprio in autunno raggiunge il culmine della sua bellezza. 
Non potrò stancarmi mai di questi luoghi e, spesso, mentre passeggio in bicicletta e il mio spirito si riempie di quella calma che solo la natura può regalare, mi rivedo ancora qui tra 30 o 40 anni, a camminare ancora guardando questi colori e a stupirmi come adesso della perfezione della natura. Quella stessa natura che spesso gli abitanti delle città danno per scontato e che in moltissimi luoghi fa il suo corso senza neanche essere degnata di uno sguardo. Ma non qui. Qui tutti amano la natura, qui la rispettano e sanno che a volte può essere anche crudele.


the colors of autumn-

A for Autumn, in Japanese aki (あき), I love this season and even more since the moment in which I decided to move to this city. If you love springtime for its wonderful color due to the millions of cherry blossoms (sakura) that turn pink and purple the city, you also must love mischievous autumn that steals palette from the spring and repaints the nature of red and yellow gold. The Japanese maples (momiji), are the rulers of this season. No matter my mood in the morning when I step out of the house, because living in the vicinity of a park, I just open my eyes when I go out of the gate and find myself always capable of a smile.
Ah! nature. ah! this earth. I thought only foreigners (gaijin), like me, would feel this way and that the Japanese were accustomed to these wonders, but no, I was wrong.

All people, without exceptions stop to observe, feel the smell of autumn in the air, walking through the woods, entertaining themselves sitting in the grass and chatting happily enjoying these little rays passing through the clouds of the season. Students, families, children and business people at lunch eat their bento under a tree.

A show that takes place every year, called Kouyou (こうよう) and that starts in October from the north and ends to the south in late November. Places to fully enjoy this marvel are many and the Japanese know them all. Near Tokyo, for example, there is a Japanese style garden
called Rikugien (garden of 6 poems) and there you can enjoy the full explosion of the colors of  the nature. Then there is also Tsuruoka hachiman-gu, the most important Shinto shrine in Kamakura, beautiful place, that in autumn reached the peak of its beauty.
I will never get tired of these places, and often while walking with my bycicle and my spirit is filled with the calm that only nature can give, I see myself still here in 30 or 40 years, still walking and looking at these colors , this is the perfection of nature.  The Same nature that often city dwellers take for granted and that in many places takes its course without ever being condescended to take a look. But not here. Here all people love nature, here they respect it and know that sometimes it can also be cruel.

Le cinque parole più usate


In Giappone esiste più di qualche parola di cui i giovani non possono fare a meno. Queste parole sono entrate pian piano nell'uso comune fino a diventare indispensabili da conoscere... per tutti.
Le principali sono Sugoi, kakkoi, kawaii,yabai e baka.
Avete presente quando per esempio camminiamo per la strada e incrociamo una vetrina ben allestita con un vestitino davvero interessante o magari una bella casa o una macchina super sportiva ed elegante ?
Ecco i giapponesi davanti a visioni come questa esclamano: oh, Sugoi! che praticamente è bello o se proprio vogliamo tradurlo come dovrebbe essere rende molto bene l'aggettivo inglese Cool! Insomma qualcosa di bello, alla moda e che ci piace da impazzire è "sugoi"(すごい)!
Un bell'uomo è "Kakkoi" (かっこい), ovvero per usare un linguaggio a noi più famigliare: è un figo!
Ovviamente questa espressione, a parte casi eccezionali, è usata solo dalle donne.
Se rimanete a piedi con la macchina, invece, oppure, al contrario, vi succede qualcosa di bellissimo è il caso di dire "yabai"(Yabai)!
La differenza tra i due casi ovviamente si noterà dalla vostra espressione...Tanto si capisce se uno è contento oppure ha un diavolo per capello.
Infine "Kawaii"(かわいい). Cosa potrebbe essere "kawaii"?
Vediamo .. Hallo Kitty per esempio è Kawaii. Qualcosa di dolce, tenero, con gli occhioni grandi e ingenui e magari peloso è Kawaii. Un cucciolo di cane per esempio è kawaii.
"Baka" (ばか) significa letteralmente stupid, pazzo, imbecille. Lo usano per loro stessi, quando commettono un errore, ma anche sugli altri... . "Baka" è un vocabolo antichissimo, di cui esistono già tracce nel 1300.

Nikko tra passato e presente


Nikkō ( 日光, Nikkō, “luce del sole”), patrimonio dell'Unesco e, a detta di molti, la città più bella del Giappone, si trova ad appena 140 Km a nord di Tokyo, al centro di un Parco Nazionale, nella regione montuosa della prefettura di Tochigi ed è facilmente raggiungibile con il treno dalla stazione di Asakusa. In quattro ore circa si arriva alla stazione che è la più antica del Giappone, e venne progettata da Frank Lloyd Wright, un famoso architetto americano, nel 1915. Una volta scesi dal treno basta proseguire a piedi per 20 minuti presso il quartiere Tosho-gu per arrivare in una sorta di "valle dei templi", un luogo che oggi sembra quasi fuori dalla realtà. Lungo il percorso, ci sono locande dove è possibile assaggiare qualche specialità tipica e poi ci si immerge nella natura per incontrare il primo tempio, il Rinno-ji, fondato nel secolo VIII da Shodo Shonin. La leggenda racconta che, oltre 1200 anni fa, il monaco Shodo Shonin, in viaggio verso il monte Nantaisan, venne bloccato nel suo percorso dal fiume Daiya ed allora pregò  per avere un ponte e il suo desiderio fu esaudito da un gigante con un abito blu e una collana di teschi al collo. 
“Ecco il tuo ponte!” ,gli disse il Dio, e gettò  due serpenti, uno blu e uno verde. Il sacerdote, allora, potè attraversare il fiume sul dorso dei serpenti e, non appena mise piede sull’altra sponda, il Dio ed i serpenti scomparvero. Proprio in questo punto sorge oggi il rosso Ponte Sacro chiamato "Shinkyo" che, originariamente riservato ai samurai, oggi è attraversabile da chiunque pagando una tariffa, ma il consiglio è quello di passargli a fianco, da dove lo si può ammirare meglio e fare qualche scatto.
All'interno del tempio Rinno-ji vi è il Sambutsu-do, la sala dei tre Buddha, l’edificio più grande di Nikko e sono custodite tre statue d’oro rappresentanti il Buddha Amida, Senju Kannon e Bato Kannon. Poi c'è la Sala del Tesoro, risalente al periodo Edo e, subito dopo aver attraversato uno splendido giardino si ritorna sulla strada principale dove ecco ergersi davanti agli occhi il complesso dei templi di Tosho-gu, eretto nel 1634 da Tokugawa Iemitsu (1603-1651) in onore di suo nonno Ieyasu per dimostrare agli altri daimyo (signori feudali) la potenza dello shogunato Tokugawa. Proprio Tokugawa Ieyasu fu una figura importantissima per la storia del Giappone. Proprio lui fondò l’antica capitale Edo, l’attuale Tokyo e portò la famiglia Tokugawa al potere, dando origine all’omonimo periodo storico. Era l’epoca dei valorosi samurai, che durò per ben due secoli e mezzo fino alla loro decadenza nel 1868.  Leyasu arrivò a essere venerato come un Dio dopo la sua morte.
In questo posto meraviglioso che è Nikko, tra i templi e le statue dei guardiani il tempo scorre lento e piacevole e si ha la sensazione di essere sospesi nel tempo in bilico tra passato e presente. Le bellissime statue, a partire dalle scimmiette "Non vedo, non sento, non vedo" (il male ovviamente), per finire dai guardiani che sorvegliano i cancelli di entrata della valle, subito dopo la pagoda a cinque piani, che rappresenta una sorta di pre-ingresso.
Nikko è un posto davvero sorprendente che vi assicuro vale proprio la pena di visitare ... almeno per una volta!


Nikkō (日光, Nikkō, "sunlight"), according to many, the most beautiful city in Japan, is just 140 km north of Tokyo, in the middle of a National Park in mountainous region of the prefecture of Tochigi and is easily accessible by train from Asakusa Station. In four hours you will arrive at the station which is the oldest in Japan, and was designed by Frank Lloyd Wright, a renowned American architect, in 1915. Once off the train, just walk for 20 minutes at the Tosho-gu district to get into a sort of "Valley of the Temples", a place that now seems almost unreal. Along the way, there are taverns where you can taste some typical dishes and then, you can immerse yourself in nature just before you meet the first temple, the Rinno-ji, founded in the eighth century by Shodo Shonin. Legend says that 1200 years ago, a monaco, called Shodo Shonin, traveling to the mountain Nantaisan, was stopped in its path by the river Daiya and so prayed for a bridge and his wish was granted by a giant with a blue dress and a necklace of skulls around his neck.
"This is your bridge!" Said the God, and he threw two snakes, one blue and one green. The priest was able to cross the river on the backs of serpents and as soon as he set foot on the other side, God and the snakes disappeared. Precisely at this point, there is now the sacred red bridge called "Shinkyo" which was originally reserved for samurai, but is now crossed by anyone for a fee, but the advice is to pass it on one side, where you can see better and take some pictures.


Inside the temple Rinno-ji is the Sambutsu-do, the room of the three Buddha, the largest building in Nikko and are held three golden statues representing the Buddha Amida, Senju Kannon and Bato Kannon. Then there is the Treasure Room, from the Edo period and, after passing through a beautiful garden on the main road you will see the temple complex of Tosho-gu, built in 1634 by Tokugawa Iemitsu (1603 -1651) in honor of his grandfather Ieyasu to show others daimyo (feudal lords) the power of the Tokugawa shogunate. Just Tokugawa Leyasu was an important figure in the history of Japan. He himself founded the ancient capital of Edo, now Tokyo, and brought the Tokugawa family to the top of the powe, giving rise to the homonymous historical period. It was the era of the brave samurai, which lasted for two and a half centuries until their decline in 1868. Leyasu became worshiped as a god after his death.
In this wonderful place that is Nikko, among the temples and statues of guardians, time passes slowly and pleasant and you have the feeling of being suspended in time somewhere between the past and present. The beautiful statues, from monkeys "I do not see, do not hear, do not see" (evil, of course), to the guards who guard the entrance gates of the valley, just after the five-storey pagoda, which represents a kind of pre-entry.
Nikko is a really amazing that everyone must visit... at least once!


I colori dei quartieri di Tokyo



Diversamente da come accade in molte altre città, passeggiare per le vie di Tokyo è sempre una esperienza piacevole, la diversità delle sue strade, divise per quartieri enormi, è qualcosa che non può mai annoiare l'occhio e a volte mi capita di pensare che ad ogni quartiere potrei assegnare un colore diverso, soprattutto ai quattro quartieri più alla moda e conosciuti in ogni angolo del mondo, ovvero Shibuya, Harajuku, Omotesando o Daikanyama. Ognuno di questi affascinanti pezzettini di Tokyo ha un proprio stile che viene messo in mostra come un marchio e quando ci si addentra all'interno delle varie zone si sà già cosa si potrebbe trovare.
Shibuya, uno dei miei quartieri preferiti, per esempio,  è conosciuta anche agli stranieri per via dei tantisimi giovani che la frequentano. Qui, si possono incrociare a tutte le ore del giorno moltitudini di studenti che, come in una sorta di vetrina, si mettono in mostra per le vie che costeggiano la stazione,  e si ritrovano al grande magazzino 109 (in giapponese "ichi-maru-kyū", ovvero "uno-zero-nove"), dove, è risaputo che lo stile del quartiere prenda forma. Le ragazze sfilano per le strade con i capelli decolorati, vestiti appena in grado di coprirle, trucco vistoso e tacchi altissimi ai quali non rinunciano neanche nei giorni di pioggia. Ciò che ne viene fuori è un tripudio di colore, al quale io non rieso a resistere, e, che anche agli stranieri fa venire voglia di usare quello che è il vocabolo giapponese più conosciuto: ... "kawaii". A volte mi chiedo perfino cosa succederebbe se i giovani abbandonassero Shibuya. Perchè diciamolo pure sono loro che lo hanno costruito e che lo rendono speciale.
Poi c'è Harajaku, che per tutti gli occidentali è il quartiere più sorprendente. Harajaku, ospita adolescenti dallo stile audace e irriverente. Qui fanno capolino, ad ogni angolo delle strade, gonne, pizzi e accessori molto particolari e durante i fine settimana gruppi esordienti di visual rock si esibiscono all'interno del parco di Yoyogi, mentre numerosi cosplay passeggiano per le strade dando vita ai personaggi delle "anime".
Non distante da Shibuya, praticamente confinante, c'è anche Omotesando,  che è stato definito "Champs Elisèes" di Tokyo. Omotesando è pieno di negozi di stilisti giapponesi, conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, e così, passeggiando per le sue vie si incontrano gli store di Issey Miyake o quello di Yohji Yamamoto e di tantissimi altri. Ciò che mi affascina sono i caffè in stile francese, che sembrano completamente entrare in contrasto con l'architettura.
Il quartiere della moda per eccellenza è Ginza. Qui prende forma il lusso. Tutti gli stilisti più famosi del mondo hanno qui il loro negozio. Chanel, Cartier, Prada, Gucci si alternano alle vetrine di grandi magazzini come Mitsukoshi. e durante il fine settimana il quartiere viene preso d'assalto dagli amanti dello shopping, di quello non per tutte le tasche, ovviamente. Passeggiare per Ginza, anche senza comprare è una cosa bellissima, ma le distanze qui sono enormi e se quindi dopo tutto questo ci si sente stanchi e si sente il bisogno di un pò di tranquillità,   defilato dalla frenesia di Shibuya e attualmente frequentatissimo è Daikanyama, un posto molto gradevole dove molti dei negozi sono ospitati all'interno di casette tradizionali. Qui, anche i centri commerciali sono stata studiati per essere a misura d’uomo e l'atmosfera è molto rilassante e amichevole . Infine quando arriva la sera, tutto si trasforma e illuminata dalle luci della notte Tokyo continua ad essere affascinante persino con la pioggia, ed ecco all'improvviso un piccolo vicolo, un chiosco dove sedersi a mangiare qualcosa di tipico, una bicicletta appoggiata ad un muro per dimenticare la frenesia del giorno e aprire il cuore a questa città che ha anche un lato poetico ... .


Unlike in others cities, walking through the streets of Tokyo is always a pleasant experience, the diversity of its streets, divided by huge  neighborhoods, it's something that can never bore the eye and sometimes happen to think that every district could have a different color, especially the four most fashionable neighborhoods and known in every corner of the world, Shibuya, Harajuku, Omotesando and Daikanyama. Each of these fascinating pieces of Tokyo has its own style that is put on display as a brand and when you enter in the various zones already knows what you might find.
Shibuya, one of my favorite neighborhoods, for example, is also known to foreigners because of the many young people who attend there. In Shubuya, you can find, at all hours of the day, multitudes of students who, as in a sort of showcase, show themselves in the streets that surround the station, and meet at the store 109 (in Japanese "ichi-maru- kyu "or" one-zero-nine "), where it is well known that the style of the neighborhood take shape. The girls parade in the streets with bleached hair, dressed with clothes that are barely able to cover them, gaudy makeup and high heels which do not give up even on rainy days. What comes out is a riot of color that makes me want to use what the Japanese best known  word ... "Kawaii". Sometimes I wonder what would happen if the young abandon Shibuya. Because let's face it they are the ones who built it and make it special.
Then there is Harajaku that for all western district is the most surprising. Harajaku hosts adolescents bold and irreverent style. Here peek at every street corner, skirts, lace and  very special accessories and  in the weekends visual rock groups of newcomers plays at Yoyogi Park, while many cosplay walking the streets, giving life to the characters of " souls. "
Not far from Shibuya, almost bordering on, there is also Omotesando, which has been called "Champs Elisèes" of Tokyo. Omotesando is full of Japanese designer shops , known and appreciated all over the world, and so, walking in his streets you can see the store of Issey Miyake and Yohji Yamamoto and that of many others. What fascinates me are the French style cafe, which seem to completely come into conflict with the architecture.
The fashion district for excellence is Ginza. Here luxury takes form. All the most famous designers in the world have their store here. Chanel, Cartier, Prada, Gucci have their the windows next of department stores such as Mitsukoshi. and on weekends the neighborhood is besieged by shoppers. Walk in Ginza, even without buying is a beautiful thing, but the distances here are huge, and then when after all this you feel tired and you feel the need of a bit of peace, sheltered from the hustle and bustle of Shibuya, there is Daikanyama, a very pleasant place where many shops are hosted in traditional houses. Here, even the malls have been designed to be on a human scale and the atmosphere is very relaxed and friendly. Finally, when the night comes and everything is transformed and illuminated by the night lights, Tokyo continues to be attractive, even with the rain, and suddenly here is a small alley, a kiosk where you can sit and eat something typical, a bicycle leaning against a wall to forget the hustle and bustle of the day and open your hearts to this city that has also a poetic side ... .

Alla scoperta di Kobe - Discovering Kobe

E' stato durante una gita a Kobe che mi sono resa conto che il Giappone non è solo Tokyo o Kyoto, ma può offrire molto di più a chiunque lo visiti, e che meraviglia!
Kobe, per intenderci, a pochi chilometri da Osaka, è la quinta città del Giappone in ordine di grandezza e il numero dei suoi abitanti è di circa 1,5 milioni. Questa bella città giapponese nel 1100 è stata capitale per circa 6 mesi ed è ricca di reperti archeologici che testimoniano insediamenti umani già nel periodo Jomon (dal 10.000 al 300 AC). Fin dall'antichità il suo bellissimo porto fu uno dei più importanti del Giappone e uno dei primi ad iniziare gli scambi commerciali con l'occidente. Kobe è nota soprattutto per essere una città cosmopolita e di questo ha risentito molto la sua architettura che a costruzioni tipicamente giapponesi affianca palazzi in chiaro stile occidentale. La città prese la sua forma definitiva intorno al 1880, ma venne prima bombardata nel 1945 e successivamente subì enormi danni nel 1995 a causa del terremoto conosciuto con il nome di Anshin-Awaji. Oggi questo gioiellino che nel 1889 prese il nome Kobe, dal termine kanbe, antico appellativo dei seguaci del santuario shintoista di Ikuta, uno dei più antichi del Giappone, è una delle città più popolate del paese ed offre molto ai suoi abitanti ed ai turisti. Stranamente questa città orientale così lontana intrattiene un rapporto speciale con la nostra Terni, pare che le due abbiano in comune un particolare modo di sentire S.Valentino e a tal proposito Aurelio De Felice, uno scultore nativo di Terni, ha donato alla città una scultura rappresentante la maternità che è stata posta in uno dei parchi più grandi della cittadina nipponica. Se riusciste a recarvi a Kobe non perdetevi il meglio, ovvero lo splendido porto, la german house, o Jinkan, residenza per stranieri, la torre, il Meriken park, Nunobiki herb park, Sorakuen garden, uno splendido giardino in puro stile giapponese al centro della città, e il suo splendido ponte. Inoltre Kobe è molto famosa per il suo sake, quindi provatelo e soprattutto recatevi al Kiku-Masamune, una sorta di museo del sake dove potrete scoprire tutti i segreti ad esso relativi. Non era mai stata a Kobe e non pensavo che avrei trovato tutte queste meraviglie. Soprattutto è stato bellissimo camminare per la città di notte, immersa nelle mille luci che offre. Se andate in Giappone non sottovalutate questa città e sono sicura che non ve ne pentirete!      


It was during a trip to Kobe, that I realized that Japan is not just Tokyo or Kyoto, but can offer much more to anyone who visits, and what a treat!

Kobe, just to understands, is situated near Osaka, is the fifth largest city in Japan in order of magnitude and the number of its inhabitants is about 1.5 million. This beautiful city was the capital of Japan in 1100 for about 6 months. This Japanese city is also rich in archaeological evidence and from this evidence seems that his settlements have been habited as early as the Jomon period (10,000 to 300 BC). Since ancient times, its beautiful harbor was one of the most important in Japan and one of the first to start trade with the West. Kobe is known for being a cosmopolitan city and this has affected a lot of its architecture the typical Japanese buildings are mixed with others in clear western style. The city took its final shape in the 1880s, but was first bombed in 1945 and later suffered enormous damage in 1995 due to the earthquake known as the Anshin-Awaji. Today this little gem which in 1889 was named Kobe, from the term Kanbe, ancient name of the followers of Shinto shrine of Ikuta, one of the oldest in Japan, is one of the most populated cities in the country and offers a lot to its residents and tourists. Strangely this eastern city so far from us maintains a special relationship with the italian city of Terni, it seems that the two have in common a particular way of feeling Valentine's Day and in this regard Aurelio De Felice, a sculptor born in Terni, has given to the city a sculpture representing motherhood which was placed in one of the largest parks in the Japanese town. If you could go to Kobe not miss the best: the beautiful harbor, the german house, or Jinkan, a famous residence for foreigners, the tower, the Meriken Park, the Nunobiki herb park, the Sorakuen garden, a typical Japanese-style garden situated in the center of the city, and its beautiful bridge. Kobe is also very famous for his sake, then try it, and than go to the Kiku-Masamune, a sort of museum of sake where you can discover all the secrets of this Japanese wine. I had never been to Kobe and I did not think I would find all these wonders. Above all, it was great walking around the city at night, surrounded by the bright lights that offer. If you go to Japan, do not underestimate this city, you'll enjoy it.

Istruzione in Giappone

Noi occidentali conosciamo le scuole giapponesi solo attraverso i manga e le anime, ma funzionano davvero nella maniera in cui vengono descritte? La risposta è ... Ni!... ovvero, un po' si e un po' no, ma andiamo a vedere quali sono le differenze:
Il sistema di istruzione giapponese viene soprannominato dagli alunni shiken jigoku, ovvero inferno di esami, in quanto le prove sono tutte scritte e raramente esistono interrogazioni così come le intendiamo noi.
L'anno scolastico inizia sempre ad aprile e finisce a marzo, ma questo periodo è intervallato dalle vacanze delle feste nazionali alle quali si affiancano due settimane a capodanno. Le scuole dell'obbligo prevedono 9 anni d'istruzione e, sono composte da 6 anni di scuola elementare, dove i bambini giapponesi si iscrivono a 6 o 7 anni e dalle scuole medie inferiori che durano 3 anni. Subito dopo questi due gradi d'istruzione obbligatori, gli studenti disposti a procedere gli studi possono iscriversi alle scuole medie superiori, tre anni, e successivamente potranno avere accesso ai college, alle università o alle scuole tecniche. E' possibile scegliere un indirizzo specifico anche subito dopo le scuole dell'obbligo, solo in quel caso cambieranno le materie insegnate che normalmente sono uguali alle scuole italiane, anche se, già dalla prima elementare i piccoli giapponesi studiano "educazione civica" e in prima media affiancano alle materie e alla stessa "educazione civica", anche "igiene".
Essendo molto basso il livello d'insegnamento della scuole pubbliche, in Giappone, sono molto frequentate le scuole private ed esistono dei test di accesso molto selettivi.
Le scuole giapponesi sono molto rigorose e più una scuola è rigorosa, maggiore sarà il valore del diploma conseguito. Differentemente dagli altri livelli scolastici, le università più prestigiose, quella di Tokyo e quella di Kyoto, sono pubbliche, ma i test di ammissione sono molto difficili e gli aspiranti alunni sono costretti a prendere ripetizioni a pagamento durante gli ultimi anni di scuola, lezioni che iniziano alle 17, subito dopo l'uscita da scuola, e possono protrarsi anche fino alle 23.
L'attuale sistema scolastico sviluppa tra gli alunni una forte concorrenza, i voti sono pubblici e vengono affisse di volta in volta le graduatorie attraverso le quali, gli alunni più meritevoli usufruiscono di alcuni privilegi, tra cui quello di poter partecipare attivamente ad alcune importanti cerimonie. Finite le lezioni gli alunni, divisi per gruppi, a turno, puliscono le aule e tutte le aree comuni della scuola (in Giappone non esiste la figura del bidello) e, dopo la pausa pranzo, tutti si trattengono nei locali degli istituti per partecipare ai vari club organizzati dalle scuole. I club sono delle vere e proprie palestre di vita, attraverso le quali gli studenti possono approfondire hobby e sport e prepararsi alla vita lavorativa. Esistono club di letteratura, di fotografia, di matematica, di scienze, di teatro, musicali e sportivi. Questi ultimi sono molto importanti in quanto consentono la partecipazione ai tornei "inter hi", che si svolgono tra tutte le scuole e sono un trampolino di lancio per gli atleti che vogliono diventare professionisti. In tutte gli istituti i voti sono espressi in centesimi e 100/100 è il voto più alto.
La maggior parte delle scuole, ma non tutte, utilizza la divisa scolastica che viene chiamata, fuku alla marinara, per le ragazze, e gakuran, per i ragazzi. L'uniforme è considerata un abbigliamento talmente importante da venire indossato anche nelle cerimonie.
All'interno del territorio scolastico, purtroppo, non mancano episodi di bullismo, in giapponese ijime, che sono più diffusi nelle scuole in cui si studia meno. Sembra non sia raro che a causa di certe angherie subite gli studenti abbandonino la scuola, e si sono registrati anche casi di suicidio o di ragazzi che hanno perso l'autostima portandosi dietro il fardello dei maltrattamenti subiti, anche da adulti. Spesso i professori si accorgono , ma non fanno nulla per paura della Pta, (associazione dei genitori) che vigila sui figli cercando di evitare che essi vengano puniti, persino il preside non ha libertà di agire e gli alunni solitamente fanno finta di non vedere perchè fin da piccoli vengono educati dai genitori a tenere la testa bassa e lo sguardo dritto, in poche parole a farsi i "fatti propri". Il bullismo scolastico si trasforma in nonnismo quando si ha a che fare con l'ambiente di lavoro, negli uffici l'ultimo arrivato prepara il caffè e viene costretto ad occuparsi di tutte quelle cose che i vecchi impiegati non farebbero mai. 


Education in Japan

We only know Japanese schools through manga and anime, but do they really works the way they are described? The answer is ... Ny! ... or, a bit yes and a bit no, but let's see if we find some differences:
The Japanese education system is nicknamed by the students shiken jigoku, or the hell of tests, because they always have to pass several written exams.
The school year always starts in April and ends in March, but this period is broken by the national holidays which are flanked by two weeks in the New Year. The schools provide compulsory nine years of education, and are composed by 6 years of primary school, where Japanese childrens enroll in 6 or 7 years, and by junior high schools that lasts three years. Straight after these two levels of education, students that wants to continue their studies can enroll in secondary school, others three years, and then can have access to colleges, universities or technical schools. They can also choose a specific address even immediately after having finished school, only in that case the subjects would be different than usually, because normally they are the same as the Italian or English schools, though, in Japan all students from the very first year start to study "civic education" .
The Japanese public schools level of education is very poor, so private schools are very popular and the ammission could be really selective.  Schools are very rigorous. Unlike from the other levels of education, the most prestigious universities, one in Tokyo and one in Kyoto, are public, but the admission tests are very difficult and many students are forced to take private lessons during the last year of school. Lessons begin at 5 pm, shortly after the release from school, and can last for up to 11pm. 
The current education system develops strong competition among the students, all the skills are public and are posted all over the schools walls. Best students benefit of certain privileges, including the right to participate actively in several importants ceremonies. After school, students divided into groups, in turn, clean the classrooms and all the publics areas of the school (in Japan there isn't the figure of the caretaker) and, after lunch, they all remain in the institute to attend to the clubs. The clubs are a kind of gym for life, each students can fullfil his own  hobby or sport and prepare for the working life. There are also clubs of literature, photography, math, science, theater and music. The sports clubs are very important because they allow the students to take part to the " inter hi ", national tournaments between all schools that are a springboard for athletes who want to become professionals. School votes are expressed in cents and 100/100 is the highest score. 
Most of the schools, but not all, use the uniform called sailor fuku, for girls, and gakuran for the boys. The uniform is considered so important that can be used as a dress even in ceremonies.Unfortunately seems that within the school territory there are episode of bullying, in Japanese ijime , which are more prevalent in schools where you study less. It seems it is not uncommon that because of certain injustices suffered, students drop out of school, and there were also cases of suicide or children who have lost their self-esteem, taking with him the burden of ill-treatment, even as adults. Often, teachers notice it, but they do nothing for fear of PTA (Parents' Association) which standeth for the children trying to prevent them from being punished, even the headmaster hasn't the freedom to act and pupils usually pretend not to see nothing because from an early age they are educated by their parents to keep their heads down and look straight ahead, in a few words to "mind their own business". Also in the working environment there are sometimes bullying acts, the last come in the office are used to make coffee and is forced to deal with all the things that an old one would never deal with . 

Il kimono, cos'è e come si indossa

Non so voi, ma io adoro davvero il kimono e pensate che pur non essendo giapponese ne ho collezionati ben 5, peccato che non mi sia ancora capitata l'occasione di indossarli...
Ma cos'è e come è nato il kimono? Scopriamolo insieme con questo post.
Kimono è l'adattamento in romaji della parola giapponese きもの (着物) formata dai kanji di kiru, lett. indossare e mono, cosa, oggetto. In origine infatti la parola kimono (cosa che si indossa) era estesa a tutti gli abiti, successivamente passò ad indicare il tradizionale abito giapponese. Lo sviluppo del kimono è stato in qualche modo influenzato dalla Cina, poiché un indumento molto simile rappresentava l'abbigliamento tradizionale della popolazione cinese degli Han e veniva chiamato Hanfu. La massima espansione del kimono e la trasformazione che lo ha portato gradualmente a prendere le forme dell'abito che tutti conosciamo, iniziò comunque intorno all'VIII secolo, in epoca Heian, in quel periodo, però, veniva abbinato ad un grembiule che lo copriva e che veniva chiamato "mo", e si concluse nel periodo Edo, quando vennero allungate la maniche e l'obi, la cintura che si chiude con il tradizionale fiocco, diventò più spessa.
Ovviamente esistono vari tipi di Kimono e qui li elenchiamo spiegandone l'uso per linee generali.
 Andiamo a conoscerli:
Yukata - è il kimono primaverile ed estivo ed è generalmente composto da cotone, lino o canapa, può essere indossato da tutte le donne senza alcuna distinzione ed è molto informale.
Furisode - è il kimono formale e con maniche molto lunghe.Viene indossato dalle donne nubili e solitamente è molto decorato.
Iromuji - è il kimono della cerimonia del te, ma può essere usato anche in altre occasioni. E' in tinta unita e può essere indossato sia dalle donne nubili che da quelle sposate.
Komon - non è un kimono formale e solitamente è decorato con un motivo che viene ripreso su tutto l'abito. Può essere usato in qualunque occasione informale e indossato senza alcun limite di età.
Kurutomesode - in assoluto il kimono più formale. Viene usato dalle donne sposate in occasioni speciali. Sono neri e dipinti sotto la cintura.
Irotomesode - formale, ma non troppo, in tinta unita, ma di colori diversi dal nero. Lo usano le donne sposate.
Houmonji - è un kimono decorato sulle spalle e fino sotto la cintura, e può essere indossato da tutte le donne.
Tsukesage - simile all' Houmonji, ma con decorazioni un po' meno vistose che prevalentemente si sviluppano sotto l'obi. 
Il kimono è anche composto da numerosi accessori che spesso lo rendono un indumento davvero difficile da indossare. Oltre a ciò che si vede, ovvero tabi, le calze, geta, i sandali e i kanzashi, ornamenti per capelli, esistono molte cose che non si vedono e possono variare a secondo del tipo di kimono che indossiamo.
Siete stati in vacanza in Giappone, avete comprato un kimono e non sapete come indossarlo?
Vi spieghiamo come fare in pochi e semplici passi:

  1. indossate il vostro kimono come se stesse indossando una vestaglia
  2. con la mano destra afferrate le estremità dell'apertura del vostro kimono, per intenderci la parte davanti ai due lati che iniziano ad allargarsi
  3. con ancora in mano i due lembi fate salire il kimono fino a distanziarlo di non più di 5 centimetri da terra e con l'altra mano fermatelo anche sulla schiena mettendo un dito nel centro di essa
  4. a questo punto chiudete il vostro Kimono da sinistra verso destra, mantenendo sempre l'altezza
  5. indossate la prima cintura che, posta sotto la piega appena ottenuta fermerà l'altezza, fate un piccolo fiocco laterale e cercate di rientrare all'interno della stessa cintura le parti che fuoriescono.
  6. prendere la coda, o la testa dell'obi tra le mani, misurare due volte il palmo aperto della propria mano e ripiegarlo su se stesso una sola volta per conservare della stoffa che servirà dopo
  7. poggiare sul kimono a partire da sotto il petto l'obi a partire dal davanti e iniziando proprio dalla parte ripiegata
  8. fatelo girare due volte intorno alla vita e quando finite, proprio al punto di partenza, uscite con cura la parte di stoffa conservata e fate un nodo con la parte rimasta
  9. inserite momentaneamente la stoffa all'interno del kimono all'altezza del petto
  10. prendete la parte rimasta, che è quella più lunga, e ripiegatela in due stringendo il centro per fare il fiocco
  11. adesso uscite la stoffa che avete conservato e al centro del fiocco passatela fino a quando potete.
  12. il fiocco è pronto giratelo verso destra per posizionarlo sul retro e il "Gioco" è fatto.
Troppo difficile?
Si è difficile, ma seguendo le istruzioni prima o poi dovreste riuscirci. Comunque ricordate che anche su "Youtube" esistono numerosi video riguardanti la vestizione di un kimono. Fateci sapere!

Una terra con due anime

Ho parlato a lungo, ieri, con uno dei miei amici giapponesi a proposito del fatto che una delle cose che di più mi colpisce di questa terra e dei suoi abitanti è il contrasto che esiste tra una sfrenata tecnologia e il desiderio di modernità, da una parte, e tradizioni dall'altra. Il mio amico mi ha spiegato che, in realtà, la ricerca e lo spasmodica desiderio di una di queste due cose, parlava ovviamente della modernità, rappresenta la perdita di qualcosa dell'altra. 
Secondo gli occhi di un Giapponese, dunque, l'incalzante ritmo del progresso che continua a bussare alle porte del Giappone, rappresenta un continuo distacco, un allontanamento, da tutto ciò che è tradizione, dalle cerimonie che hanno reso il paese del sol levante famoso nel mondo, dai costumi, e da tutto ciò da cui noi occidentali continuiamo ad essere attratti.
"Abbiamo perso qualcosa" - ha spiegato - e "quel qualcosa sembra si allontani sempre di più dal nostro sguardo". Modi di fare, atteggiamenti, persino il tradizionale rispetto e la famosa educazione, tutte le cose che noi amanti di questa terra adoriamo, rischiano di venire compromessi. I giovani si allontanano sempre di più dalle abitudini degli anziani e il divario tra modernità e tradizione cresce. 
Uno straniero, come me, forse, non può comprendere fino in fondo questo pensiero, perché ancora oggi riscontro molta differenza tra i modi educati e rispettosi di un giapponese e quelli del resto del mondo, perché ancora oggi le tradizioni di questo paese attirano visitatori da ogni parte e soprattutto perché quando cammino in una grande strada piena di grattacieli e grandi negozi, se sono stanca, mi basta girare per una strada secondaria per trovare un luogo, un piccolo vicolo, dove il tempo sembra essersi fermato. Una piccola stradina, che all'apparenza sembra essere insignificante, diventa per me una sorta di visione paradisiaca, un conforto per gli occhi, stanchi di guardare in alto verso le costruzioni gigantesche che riescono anche a coprire il cielo. 
Poi ci sono i parchi e ci sono anche i giardini, talmente puliti e sistemati, da diventare luogo di pensiero, posti in cui riflettere e riordinare le idee.
 Ci sono le biciclette e ci sono i ragazzi delle consegne a domicilio. Ci sono i templi e ci sono tutti questi paesaggi che lasciano senza fiato e che, a noi stranieri, ci proiettano all'interno di un manga di cui ci sentiamo protagonisti. Ci sono le insegne scritte con i kanji, e ci sono uomini e donne in abiti tradizionali.
Poi ancora una volta, giri un angolo, ed ecco che imponente il progresso si staglia fiero davanti agli occhi. Questo è il Giappone di oggi, una terra con delle tradizioni da proteggere, un luogo in cui due anime continuano a convivere insieme.

Il Giappone e la pena capitale

Tutte le volte che guardo il telegiornale e mi rendo conto di tutte le cose terribili che alcuni esseri umani sono capaci di fare dico sempre che in certi casi ci vorrebbe davvero la pena di morte, ma non so davvero se alla fine, trovandomi al posto di chi decide sarei capace di infliggerla. Decidere della morte di qualcuno è una responsabilità molto grande che io personalmente non sarei in grado di gestire. Ogni giorno anche qui in Italia assistiamo a fatti di cronaca a dir poco allucinanti, omicidi compiuti su bambini, stupri, mogli uccise e cadaveri occultati, figli che uccidono genitori, fidanzati gelosi che colpiscono a morte la propria donna. 
Ci vuole la pena di morte? Non mi sento di giudicare, anche se tutte le volte che ascolto una notizia del genere la rabbia esplode, una rabbia che tocca l'apice quando scopro che per un omicidio si può tornare in libertà anche dopo 10 anni.  
La pena di morte, comunque, in questi giorni è tornata alla ribalta in Giappone. Nel 2011, non vi era stata alcuna esecuzione, ma quest'anno le vittime delle "forca" sono già cinque e altri 130 attendono all'interno del braccio della morte. Le associazioni umanitarie contro la pena capitale sono ovviamente insorte, ma certamente le vittime non erano santi e in Giappone il consenso alla pena di morte da parte dei cittadini è altissimo e si parla di cifre che raggiungono l'85%.
Gli ultimi due detenuti ad essere giustiziati, venerdì, sono stati Junya Hattori, che stuprò e uccise una diciannovenne nel 2002, e Kyozu Matsumura, condannato per due omicidi commessi verso familiari.
Siete d'accordo sulla pena?
Se mi metto nei panni dei genitori della ragazza di 19 anni stuprata e uccisa, la mia risposta diventa più che ovvia, ma molti nel mondo non la pensano così ... .
E allora mi chiedo, davvero tutte le associazioni e tutti i cittadini contrari pensano che sia più giusto porgere l'altra guancia? Perché se è vero che non si può decidere della morte di un'altra persona è altrettanto vero che non si possono lasciare in giro persone capaci di commettere simili reati.
Comunque anche nel 2012 il dibattito sulla massima pena rimane ancora aperto, soprattutto perché, tra i paesi democratici Giappone e Stati Uniti sono gli unici paesi a conservare ancora l'esecuzione capitale nel proprio statuto. Ma voi che ne pensate?

Il giorno delle bacchette (hashi no hi)

Mentre facevo un po' di "zapping", tra i numerosi siti giapponesi, mi sono ricordata che tra poche ore, sarà il 4 agosto e proprio in questa data è stata fissata la giornata della commemorazione delle bacchette, ovvero "hashi no hi". Non so voi, ma fin da quando ero piccola questi due bastoncini hanno sempre destato la mia curiosità e finalmente sono riuscita a soddisfarla cercando ovunque notizie sulle origini di quest'oggetto. Ho scoperto davvero tante cose che voglio raccontarvi. 
Prima di tutto vi parlo di numeri e vi assicuro che questa proprio non me l'aspettavo davvero, pensate: il 40% degli abitanti del mondo mangia con le mani, pazzesco?, si, ma non è finita, il 30% (solo il 30) adopera le posate occidentali ... Avete già fatto i conti?... Il restante 30% adopera le bacchette. 
In un primo momento non riuscivo a credere a questa statistica, ma in effetti se pensiamo al numero esorbitante di asiatici residenti in Cina, i conti iniziano a tornare.
Detto questo... Dove? Come e quando sono nate le bacchette che noi appassionati del Giappone amiamo tanto?
Perché, diciamolo, mangiare con questi pezzetti di legno ci immerge in una calda atmosfera orientale e ci fa sentire un pizzico più vicini alla cultura che tanto inseguiamo.
Le bacchette sono nate in Cina e tante sono le leggende che ruotano attorno a loro, ma è certo che già venivano usate intorno al 1400 A.C. durante la dinastia Shang e, inoltre, rudimentali bastoncini sono stati trovati anche in alcuni siti archeologici israeliani, sembra quindi che già in periodi antichissimi, esistessero scambi commerciali tra questi paesi. Le bacchette venivano anche utilizzate dalle popolazioni mongole civilizzate.
 Oggi in Cina si chiamano Ku'ai, con il significato di rapido, in Giappone hashi, in Corea jeotgarak e in Vietnam dua. 
Tra questi paesi esistono comunque delle differenze, infatti, in Cina e in Giappone sono molto diffusi i bastoncini in legno o in bambù, che possono essere grezzi o laccati, i primi solitamente sono monouso e vengono usati per lo più nei ristoranti, i secondi sono spesso coloratissimi e spiritosi e, se utilizzati come souvenir  possono recare l'incisione con il nome del proprietario.
In Corea, invece, le bacchette vengono normalmente fabbricate in metallo.
Inoltre, i bastoncini cinesi sono più lunghi , quelli giapponesi corti e medi perchè solitamente quelli destinati alle donne misurano meno, quelli coreani sono molto sottili e di media lunghezza, mentre quelli vietnamiti sono simili a quelli della vicina Cina e affusolati sulla punta.
Adoperare le bacchette non è molto facile e spesso ognuno finisce per usarle a modo proprio e per questo è nata la giornata delle bacchette. Nel 1975, proprio il 4 agosto, il governo Giapponese decise di lanciare un programma sul corretto utilizzo dei bastoncini. Questa data è anche un gioco di parole, infatti in Giappone le date si leggono al contrario e quindi prima viene posto il mese, 8, che in giapponese si può abbreviare con "ha", normalmente è hachi, e poi il giorno, 4, che si traduce con shi, ed ecco venire fuori la parola "hashi", bacchette.
Per finire è importante sapere che in Giappone ci sono alcune cose che non si fanno con le bacchette: 
- non si gesticola e non si punta, considerandole così come un prolungamento delle dita
- non si poggiano sul tavolo, tranne che non vi sia un poggia bacchette
- non si usano per infilzare il cibo
- qualora si prenda del cibo da un piatto comune è buona regola farlo girandole verso l'impugnatura, evitando così che la parte che è stata a contatto con la bocca tocchi il piatto
- non si lasciano all'interno della ciotola di riso in posizione verticale, cosa che ricorda gli incensi che vengono bruciati durante le cerimonie funebri
- non si usano per passare il cibo ad un altro commensale.
Anche per cucinare, soprattutto per girare o afferrare la tenpura o la carne nel fuoco, in oriente si usano dei bastoncini particolarmente lunghi.
Ed ecco una delle leggende sull'origine delle bacchette:
Siamo in epoca Shang ed uno dei re di quel periodo, Zhowang, aveva un brutto caratteraccio e si lamentava in continuazione per il cibo, soprattutto quando era caldo, e per questo, il più delle volte arrivava a condannare a morte i cuochi. Si dice che allora la sua concubina assaggiasse tutti i suoi piatti per cercare di ovviare a qualsiasi problema potesse presentarsi. Un giorno essendosi accorta che la carne era bollente, tolse una spilla di giada dai capelli e decise di imboccare personalmente il re dopo aver preso il cibo con lo spillone e averci soffiato sopra. Contento per la soluzione trovata dall'amata il re si fece fabbricare delle bacchette che piano piano si diffusero in tutto il regno. 
Per commemorare le bacchette ogni 4 di agosto i giapponesi portano un paio di vecchie bacchette nei templi a danno inizio ad una cerimonia di ringraziamento.