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Il Sushi, storia di un arte

Non potrò mai dimenticare la prima volta che ho mangiato il sushi, anche se sono passati quindici anni, penso che il sapore e l'odore di quel pomeriggio non potranno mai passarmi di mente, e anche adesso, se ci penso, posso ancora sentirli. Era pieno agosto e mi trovavo a Monaco di Baviera con un mio carissimo amico. Il sole era davvero pesante e camminavamo già da molte ore per visitare il centro di questa bella città. Poi ad un tratto vedemmo un ristorante giapponese e lui commentò che non sarei mai potuta entrare, in quanto, ebbene sì, era risaputo, che io non mangiassi, e continuo a non mangiare, pesce. Da questa frase, detta tanto per dire, nacque un vero e proprio dialogo che si trasformò in una sorta di scommessa e così, per niente disposta a perdere, entrammo in un successivo ristorante, si perché, nel frattempo, eravamo già distanti dal primo.
All'interno di questo piccolo, ma caratteristico, ristorantino, si poteva sentire l'odore del "Giappone", quello tipico della cucina che oggi tanto amo. Non c'era molta confusione, anche perché l'ora di pranzo era passata da un po' ed io invece non avevo ancora mangiato, presa com'ero dalla visita di Monaco. 
Riuscii a sedermi dietro il bancone e guardavo attenta e sorpresa i movimenti veloci e sicuri del cuoco. In soli 5 minuti il mio primo pranzo a base di sushi era pronto e adesso era proprio lì che aspettava solo di essere mangiato. Mentre il mio amico rideva di gusto, guardavo il piatto  e prendendo tra le mani le bacchette, una domanda mi venne spontanea e allora mi rivolsi al cuoco che aspettava con apprensione che iniziassi a mangiare, e furono queste le parole che in lingua inglese mi uscirono dalla bocca (non l'avessi mai fatto):"Si mangia anche questa cosa verde?".
Ci fu un lunghissimo momento di silenzio, durante il quale il mio amico mi diede una pedata e l'uomo giapponese, il cuoco, mi guardò come se avessi appena insultato la figlia che stava con lui dietro il bancone, infine, tutti, compreso l'uomo, si rigirarono senza neanche rispondere. Avevo capito, si, quella roba verde, che in seguito scoprii si chiama alga nori, doveva essere mangiata, anzi non mangiarla sarebbe stato come commettere un peccato, a giudicare dall'atteggiamento del cuoco, e quindi in silenzio iniziai a mangiare, prendendo da subito confidenza con quegli strani bastoncini di legno.
Uno, due, tre pezzi, il mio amico era diventato serio, aveva perso la scommessa e avrebbe pagato il conto e così, contentissima, mi feci preparare una seconda porzione con grande soddisfazione dell'uomo che adesso all'improvviso rideva, e pensare che mi aveva messo paura!
Così nonostante continuo a non mangiare pesce (cotto), il sushi è entrato pian piano a far parte della mia dieta e oggi ne faccio un uso regolare e continuo.
Ho imparato da subito, ovviamente, che ciò che piace può anche far male e quindi sto attenta al rispetto delle regole che chi mangia pesce crudo non può e non deve ignorare. Il pesce per poter essere mangiato crudo deve essere conservato per almeno 35 ore ad una temperatura che si aggira intorno ai -30 gradi. Questo frigo che raggiunge temperature così elevate prende il nome di abbattitore perché uccide qualsiasi tipo di parassita o batterio possa contenere il pesce, rendendolo completamente sicuro. 
Se non si dispone di un abbattitore in casa non si può preparare il sushi?
Si, ma bisogna tenere presente che più la temperatura di conservazione sale maggiore sarà il tempo della quarantena del nostro pesce fresco.
Ma com'è nato il sushi?
Le sue origini si collocano intorno al quarto secolo. In paesi come la Corea si era scoperto che conservare i cibi facendoli fermentare naturalmente permetteva il consumo di tutto ciò che normalmente si deteriora facilmente (questa tecnica è ancora in uso e ha dato origine al Kimchi, il piatto di cui i coreani sono orgogliosi). Così nel quarto secolo il pesce veniva cosparso di sale e conservato in mezzo al riso che fermentando lo conservava fresco e ne manteneva inalterate le qualità organolettiche. Il riso veniva poi buttato e il pesce consumato così com'era. Nel 1400 circa, in epoca Muromachi, il riso iniziò invece ad essere consumato insieme al pesce, ma il sushi così come lo conosciamo noi assunse la sua forma definitiva a Tokyo durante il periodo Edo. In quegli anni si smise di aspettare che il riso fermentasse e si iniziò ad aggiungere l'aceto al riso fresco.
Da quel momento in poi nella capitale iniziarono a nascere una dietro l'altra, numerose bancarelle di sushi, che per questioni di igiene vennero poi chiuse e il sushi che fino a quel momento era un piatto tipico per tutte le tasche, diventò così un piatto di lusso. Mangiare sushi a Tokyo in un ristorante oggi significa spendere l'equivalente di 100 euro a persona.
Grazie al boom economico degli anni '80 e alla diffusione della cultura orientale nel mondo, il sushi viene mangiato dappertutto e presentato con coreografie e ornamenti che solo i cuochi di grande livello possono creare. Perché il cibo in Giappone prima di essere gradito al gusto deve essere gradito agli occhi ed è questa la prima cosa che si insegna agli aspiranti cuochi giapponesi.

Jlpt o Nihongo Nouryoku Shiken

Ho aspettato per anni questo momento e adesso sta per arrivare. Finalmente quest'anno mi presenterò agli esami di giapponese che annualmente si svolgono in tutto il mondo. In Giappone e in altri paesi questi esami chiamati Nihongo Nouryoku Shiken, si svolgono due volte all'anno, una a luglio e una a dicembre, ma in Italia l'esame può essere sostenuto solo nella sua seconda sessione e quindi a dicembre, esattamente la prima domenica di dicembre.
I livelli dell'esame sono 5 e al momento dell'iscrizione bisogna subito scegliere. N1 è il livello più difficile e raramente uno straniero riesce a sostenere e superare l'esame che risulta difficile anche per chi è nato in Giappone, N5 invece è il livello base adatto ai principianti. Per districarsi tra i vari livelli è necessario leggere attentamente il grado di conoscenza che ognuno di questi richiede, sbagliare l'iscrizione o cercare di superare l'esame ad un livello non adatto alle proprie conoscenze, significa perdere la speranza di ricevere l'atteso attestato. Le iscrizioni per il test di quest'anno sono iniziate da un mese, bisogna richiedere on line il modulo a questo indirizzo qui e successivamente attendere una decina di giorni. Dopo avere ricevuto il modulo bisogna compilarlo, pagare la tassa di iscrizione, appena 45 euro per i due livelli più semplici, 50 per i tre più difficili, e rispedire il tutto all'indirizzo indicato nello stesso modulo. E' possibili svolgere il test a Milano, Venezia e, ovviamente, a Roma dove si trova l'ambasciata del Giappone. Per effettuare il test a Venezia, però bisogna contattare direttamente la "Cà Foscari", l'università in cui si svolgerà.
Il termine ultimo per richiedere il modulo d'iscrizione, quest'anno è stato fissato per il 10 settembre, mentre, l'ultima data utile per riconsegnarlo o rispedirlo è il 18 dello stesso mese.
Non so voi al mio posto, ma io da una settimana a questa parte non faccio altro che rigirare tra le mani il mio modulo d'iscrizione per la paura di sbagliare nella scelta del livello, per fortuna ho ancora molto tempo, ma prima o poi dovrò decidere. Voglio impegnarmi a fondo e superare questo test che dimostrerà a tutti quanto amo questo paese e la sua lingua. Se volete ulteriori informazioni contattatemi. A chi come me si appresta a presentarsi all'esame auguro buona fortuna. Ganbatte!

La festa di Gion (Gion Matsuri)


Questa festa, che si svolge a Kyoto, è una delle feste più importanti del Giappone e vanta 1.000 anni di tradizione alle spalle. I festeggiamenti sono molto sontuosi e durano un mese, tutto il mese di luglio, e si tengono al centro della bellissima e antica città nel quartiere di Higashiyama. Ieri per pubblicare alcune foto freschissime un mio carissimo amico è andato per il blog e ci ha subito mandato la documentazione.
Cosa si festeggia?
Gion è il nome antico del santuario shintoista Yasaka Jinja e i festeggiamenti in suo onore servono, secondo la tradizione, a scongiurare epidemie e prevenire disgrazie. 
Secondo la storia più di mille anni fa, una terribile epidemia si diffuse per tutto il Giappone e a Kyoto si pensò di costruire, 66 carri sacri scintoisti, tanti quanti le provincie dell'epoca tutti dedicati al Dio di Gion, il cui nome è Susanowonomikoto. Facendo sfilare i carri, affiancati anche da un mikoshi, un carro sacro sovrastato da un tempietto scintoista, i giapponesi pregarono il Dio di porre fine alla malattia che li stava uccidendo e la loro richiesta venne ascoltata. Da quel giorno, ogni anno, la festa si ripete. I carri sono diventati molto famosi e, decorati con drappeggi provenienti da molte parti del mondo, oggi sono considerati dei musei mobili. Più volte nel corso di questi mille anni la festa è saltata per cause esterne come conflitti, guerre e incendi, ma è stata sempre ripresa puntualmente non appena possibile e con maggiore entusiasmo.
I giorni più interessanti e caratteristici della festa sono proprio il 16 e il 17 luglio quando sfilano i carri con le lanterne accese e viene suonata la musica di Gion Matsuri con tamburi e flauti tradizionali. Uno spettacolo emozionante che vale davvero la pena di vedere. Ovviamente questa splendida festa ha un enorme seguito di giapponesi, ma numerose sono le persone che vengono da ogni parte del mondo.

Omamori

Ho approfittato in questi giorni del ritorno in patria momentaneo di uno dei miei amici giapponesi per farmi portare in Italia un po' di Giappone. Ho praticamente compilato una lista, che a poco a poco vi svelerò, di ciò che mi sarebbe piaciuto ricevere  e, tra tutte le altre cose, ho chiesto anche un omamori. Cos'è?
E' quell'oggettino misterioso che compare nella maggior parte delle "anime" e che fin da quando ero bambina mi ha incuriosito. Andiamolo a scoprire:
L'omamori è un portafortuna, una sorta di amuleto, legato sia alla religione Shintoista che a quella Buddista. Solitamente, così come quello mio, è fatto di stoffa e all'interno in un pezzetto di carta o di legno, è scritta una preghiera che dovrebbe servire a proteggere colui che lo possiede in situazioni particolari. Esistono omamori per lo studio, per la salute, per l'amore e anche generici. All'esterno, su un lato viene scritto il luogo, quasi sempre un tempio, in cui sono stati prodotti, dall'altro la sfera di cui sono protettori. 
In giapponese Omamori si scrive お守り (おまもり), la "o" è un prefisso onorifico che in Giappone si usa spesso come forma di rispetto, mamori significa difesa, protezione.
Tutti gli Omamori hanno anche una scadenza, dopo un anno infatti il loro potere si esaurisce. In giro per il Giappone oggi si trovano Omamori generici con sopra disegnati i personaggi di anime o Hello Kitty.
Quello della foto è il mio Omamori, dovrebbe essere generico, ma in realtà non ne sono tanto sicura perché non riesco a capire il significato del terzo kanji. Se qualcuno riesce ad interpretarlo lo scriva tra i commenti. In ogni caso condividetelo, sono sicura che vi porterà fortuna.

Addio "Gaijin Card"

Da oggi, 9 luglio, in Giappone viene distribuita una nuova tessera e le procedure saranno molto più veloci. Sono passati 60 anni da quando fece la sua comparsa la carta d’ identità per gli stranieri, ovvero, per usare un gergo noto ai nipponici la “Gaijin card” una sorta di tesserino a forma di bancomat. 
Ebbene, sembra proprio, grazie a nuovi emendamenti sulle leggi d’immigrazione, proprio da oggi tutto cambierà. A partire da questa mattina a tutti gli stranieri residenti in territorio giapponese viene distribuita una “Carta di residenza” molto simile a quella che portano dietro gli stessi giapponesi, con l’aggiunta però di una parte speciale in cui viene indicata la precedente nazionalità. Questa innovazione, ha spiegato il governo, assolverà ad una doppia funzione: da un lato renderà le cose più semplici per lo stesso stato, dall’altro permetterà a tutti coloro che risiedono in Giappone di sentirsi un po’ meno “alieni”. Sarà permesso a tutti gli stranieri  di avere accesso negli uffici municipali della zona di competenza per tutte le pratiche burocratiche e, dunque, risulteranno snellite le procedure ed eliminate le code agli uffici d’immigrazione. 


Ma ciò che riveste una maggiore importanza è sicuramente il fatto che la nuova legge semplificherà le cose a tutte le famiglie miste. Se prima, infatti,esistevano due sistemi di registrazione separati, adesso l’intera famiglia potrà essere registrata in un unico albo. Inoltre i lavoratori specializzati potranno soggiornare per un periodo non superiore a cinque anni, ad oggi erano solo tre, e si allunga anche il tempo massimo di permanenza degli studenti che da oggi potranno risiedere in Giappone per un periodo di 4 anni e tre mesi, a differenza dei 2 anni e tre mesi previsti dall'attuale legislazione. Anche i permessi di rientro, attualmente fissati a 3 anni, sono stati estesi a 5. Una fotografia, questa, di un Giappone moderno che mostra al mondo una nuova faccia: quella di una nazione ferita che vuole risollevarsi dall'attuale crisi economica, che, presente in piccola parte già a partire dal 2008, ha sicuramente toccato l’apice a marzo del 2011 con lo tsunami e il conseguente dramma nucleare. Un Giappone più aperto che vuole incoraggiare gli stranieri a tornare numerosi ad affollare le sue città, visto anche il sostanzioso calo registrato nel corso del 2011.  

Tanabata Matsuri, la festa delle stelle








il 7 luglio in Giappone si svolge il "Tanabata matsuri", una bellissima festa tradizionale che nasce da una famosa leggenda cinese. Secondo questa leggenda Kengyu ( ovvero la stella Altair) e Shokujo (Vega) che normalmente sono separati da Ama no Kawa, il fiume del cielo ( ovvero la Via Lattea), proprio in questo giorno si spostano per incontrarsi. Ed ecco la storia:  
Shokujo, chiamata anche Orihime, principessa, figlia del re celeste Tentei e di una tessitrice, un giorno, mentre era intenta a tessere un abito per il padre, notò un pastore Kengyu o Hikoboshi che vegliava attento le sue mucche e, attratta da lui, ella lasciò il suo lavoro e gli si avvicinò. Grazie a questo incontro, in realtà architettato dal padre di lei,tra i due sbocciò l'amore e poco dopo decisero di sposarsi, ma, dopo la loro unione, la principessa smise di tessere e il giovane decise che non avrebbe più guardato le sue mucche. Il re allora, adirato da questo comportamento, decise di separarli e di relegarli a due sponde diverse della Via Lattea. Ai due giovani innamorati fu permesso però d'incontrarsi solo una volta l'anno. A causa di ciò, la principessa era disperata, purtroppo ad unire le due sponde non c'era niente, non si sarebbero mai più incontrati. All'improvviso, però uno stormo di gazze, percepito il dolore della fanciulla, si posizionò tra le due rive formando un ponte che consentì ai due di attraversare il fiume, le gazze promisero di tornare ogni anno nel giorno designato per il loro incontro. Tristemente si dice che le gazze non possano rispettare l'impegno preso qualora ci sia la pioggia e, in quel caso Orihime ed Hikoboshi devono attendere un altro anno prima di incontrarsi.
Poichè in quei tempi le ragazze chiedevano alla principessa i segreti della calligrafia e della tessitura e i contadini chiedevano al pastore un buon raccolto, per rendere omaggio agli sposi  e ricordarli in questa giornata, fuori dalle case in Giappone, vengono appesi rami di bambù con scritte di bella calligrafia e kimono di carta. 

Una preghiera per il Giappone

Sembra che la situazione del reattore 4, la cui piscina di raffreddamento in questi giorni si era prosciugata, sia ulteriormente peggiorata e in questo momento a Tokyo è stato d'allerta. Se questo reattore non viene riparato immediatamente potrebbe esserci un ulteriore meltdown al quale questa volta Tokyo non la scamperebbe. Sembra che il reattore abbia raggiunto altissimi livelli di surriscaldamento. A noi non resta altro che incrociare le dita e pregare per loro. Ganbatte nihon!
がんばって日本!
Nel frattempo nonostante le proteste contro l'energia nucleare che in questi giorni sono state numerose sembra che la Tepco abbia ricevuto l'ok per far ripartire due dei reattori di Oi.