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Istruzione in Giappone

Noi occidentali conosciamo le scuole giapponesi solo attraverso i manga e le anime, ma funzionano davvero nella maniera in cui vengono descritte? La risposta è ... Ni!... ovvero, un po' si e un po' no, ma andiamo a vedere quali sono le differenze:
Il sistema di istruzione giapponese viene soprannominato dagli alunni shiken jigoku, ovvero inferno di esami, in quanto le prove sono tutte scritte e raramente esistono interrogazioni così come le intendiamo noi.
L'anno scolastico inizia sempre ad aprile e finisce a marzo, ma questo periodo è intervallato dalle vacanze delle feste nazionali alle quali si affiancano due settimane a capodanno. Le scuole dell'obbligo prevedono 9 anni d'istruzione e, sono composte da 6 anni di scuola elementare, dove i bambini giapponesi si iscrivono a 6 o 7 anni e dalle scuole medie inferiori che durano 3 anni. Subito dopo questi due gradi d'istruzione obbligatori, gli studenti disposti a procedere gli studi possono iscriversi alle scuole medie superiori, tre anni, e successivamente potranno avere accesso ai college, alle università o alle scuole tecniche. E' possibile scegliere un indirizzo specifico anche subito dopo le scuole dell'obbligo, solo in quel caso cambieranno le materie insegnate che normalmente sono uguali alle scuole italiane, anche se, già dalla prima elementare i piccoli giapponesi studiano "educazione civica" e in prima media affiancano alle materie e alla stessa "educazione civica", anche "igiene".
Essendo molto basso il livello d'insegnamento della scuole pubbliche, in Giappone, sono molto frequentate le scuole private ed esistono dei test di accesso molto selettivi.
Le scuole giapponesi sono molto rigorose e più una scuola è rigorosa, maggiore sarà il valore del diploma conseguito. Differentemente dagli altri livelli scolastici, le università più prestigiose, quella di Tokyo e quella di Kyoto, sono pubbliche, ma i test di ammissione sono molto difficili e gli aspiranti alunni sono costretti a prendere ripetizioni a pagamento durante gli ultimi anni di scuola, lezioni che iniziano alle 17, subito dopo l'uscita da scuola, e possono protrarsi anche fino alle 23.
L'attuale sistema scolastico sviluppa tra gli alunni una forte concorrenza, i voti sono pubblici e vengono affisse di volta in volta le graduatorie attraverso le quali, gli alunni più meritevoli usufruiscono di alcuni privilegi, tra cui quello di poter partecipare attivamente ad alcune importanti cerimonie. Finite le lezioni gli alunni, divisi per gruppi, a turno, puliscono le aule e tutte le aree comuni della scuola (in Giappone non esiste la figura del bidello) e, dopo la pausa pranzo, tutti si trattengono nei locali degli istituti per partecipare ai vari club organizzati dalle scuole. I club sono delle vere e proprie palestre di vita, attraverso le quali gli studenti possono approfondire hobby e sport e prepararsi alla vita lavorativa. Esistono club di letteratura, di fotografia, di matematica, di scienze, di teatro, musicali e sportivi. Questi ultimi sono molto importanti in quanto consentono la partecipazione ai tornei "inter hi", che si svolgono tra tutte le scuole e sono un trampolino di lancio per gli atleti che vogliono diventare professionisti. In tutte gli istituti i voti sono espressi in centesimi e 100/100 è il voto più alto.
La maggior parte delle scuole, ma non tutte, utilizza la divisa scolastica che viene chiamata, fuku alla marinara, per le ragazze, e gakuran, per i ragazzi. L'uniforme è considerata un abbigliamento talmente importante da venire indossato anche nelle cerimonie.
All'interno del territorio scolastico, purtroppo, non mancano episodi di bullismo, in giapponese ijime, che sono più diffusi nelle scuole in cui si studia meno. Sembra non sia raro che a causa di certe angherie subite gli studenti abbandonino la scuola, e si sono registrati anche casi di suicidio o di ragazzi che hanno perso l'autostima portandosi dietro il fardello dei maltrattamenti subiti, anche da adulti. Spesso i professori si accorgono , ma non fanno nulla per paura della Pta, (associazione dei genitori) che vigila sui figli cercando di evitare che essi vengano puniti, persino il preside non ha libertà di agire e gli alunni solitamente fanno finta di non vedere perchè fin da piccoli vengono educati dai genitori a tenere la testa bassa e lo sguardo dritto, in poche parole a farsi i "fatti propri". Il bullismo scolastico si trasforma in nonnismo quando si ha a che fare con l'ambiente di lavoro, negli uffici l'ultimo arrivato prepara il caffè e viene costretto ad occuparsi di tutte quelle cose che i vecchi impiegati non farebbero mai. 


Education in Japan

We only know Japanese schools through manga and anime, but do they really works the way they are described? The answer is ... Ny! ... or, a bit yes and a bit no, but let's see if we find some differences:
The Japanese education system is nicknamed by the students shiken jigoku, or the hell of tests, because they always have to pass several written exams.
The school year always starts in April and ends in March, but this period is broken by the national holidays which are flanked by two weeks in the New Year. The schools provide compulsory nine years of education, and are composed by 6 years of primary school, where Japanese childrens enroll in 6 or 7 years, and by junior high schools that lasts three years. Straight after these two levels of education, students that wants to continue their studies can enroll in secondary school, others three years, and then can have access to colleges, universities or technical schools. They can also choose a specific address even immediately after having finished school, only in that case the subjects would be different than usually, because normally they are the same as the Italian or English schools, though, in Japan all students from the very first year start to study "civic education" .
The Japanese public schools level of education is very poor, so private schools are very popular and the ammission could be really selective.  Schools are very rigorous. Unlike from the other levels of education, the most prestigious universities, one in Tokyo and one in Kyoto, are public, but the admission tests are very difficult and many students are forced to take private lessons during the last year of school. Lessons begin at 5 pm, shortly after the release from school, and can last for up to 11pm. 
The current education system develops strong competition among the students, all the skills are public and are posted all over the schools walls. Best students benefit of certain privileges, including the right to participate actively in several importants ceremonies. After school, students divided into groups, in turn, clean the classrooms and all the publics areas of the school (in Japan there isn't the figure of the caretaker) and, after lunch, they all remain in the institute to attend to the clubs. The clubs are a kind of gym for life, each students can fullfil his own  hobby or sport and prepare for the working life. There are also clubs of literature, photography, math, science, theater and music. The sports clubs are very important because they allow the students to take part to the " inter hi ", national tournaments between all schools that are a springboard for athletes who want to become professionals. School votes are expressed in cents and 100/100 is the highest score. 
Most of the schools, but not all, use the uniform called sailor fuku, for girls, and gakuran for the boys. The uniform is considered so important that can be used as a dress even in ceremonies.Unfortunately seems that within the school territory there are episode of bullying, in Japanese ijime , which are more prevalent in schools where you study less. It seems it is not uncommon that because of certain injustices suffered, students drop out of school, and there were also cases of suicide or children who have lost their self-esteem, taking with him the burden of ill-treatment, even as adults. Often, teachers notice it, but they do nothing for fear of PTA (Parents' Association) which standeth for the children trying to prevent them from being punished, even the headmaster hasn't the freedom to act and pupils usually pretend not to see nothing because from an early age they are educated by their parents to keep their heads down and look straight ahead, in a few words to "mind their own business". Also in the working environment there are sometimes bullying acts, the last come in the office are used to make coffee and is forced to deal with all the things that an old one would never deal with . 

Il kimono, cos'è e come si indossa

Non so voi, ma io adoro davvero il kimono e pensate che pur non essendo giapponese ne ho collezionati ben 5, peccato che non mi sia ancora capitata l'occasione di indossarli...
Ma cos'è e come è nato il kimono? Scopriamolo insieme con questo post.
Kimono è l'adattamento in romaji della parola giapponese きもの (着物) formata dai kanji di kiru, lett. indossare e mono, cosa, oggetto. In origine infatti la parola kimono (cosa che si indossa) era estesa a tutti gli abiti, successivamente passò ad indicare il tradizionale abito giapponese. Lo sviluppo del kimono è stato in qualche modo influenzato dalla Cina, poiché un indumento molto simile rappresentava l'abbigliamento tradizionale della popolazione cinese degli Han e veniva chiamato Hanfu. La massima espansione del kimono e la trasformazione che lo ha portato gradualmente a prendere le forme dell'abito che tutti conosciamo, iniziò comunque intorno all'VIII secolo, in epoca Heian, in quel periodo, però, veniva abbinato ad un grembiule che lo copriva e che veniva chiamato "mo", e si concluse nel periodo Edo, quando vennero allungate la maniche e l'obi, la cintura che si chiude con il tradizionale fiocco, diventò più spessa.
Ovviamente esistono vari tipi di Kimono e qui li elenchiamo spiegandone l'uso per linee generali.
 Andiamo a conoscerli:
Yukata - è il kimono primaverile ed estivo ed è generalmente composto da cotone, lino o canapa, può essere indossato da tutte le donne senza alcuna distinzione ed è molto informale.
Furisode - è il kimono formale e con maniche molto lunghe.Viene indossato dalle donne nubili e solitamente è molto decorato.
Iromuji - è il kimono della cerimonia del te, ma può essere usato anche in altre occasioni. E' in tinta unita e può essere indossato sia dalle donne nubili che da quelle sposate.
Komon - non è un kimono formale e solitamente è decorato con un motivo che viene ripreso su tutto l'abito. Può essere usato in qualunque occasione informale e indossato senza alcun limite di età.
Kurutomesode - in assoluto il kimono più formale. Viene usato dalle donne sposate in occasioni speciali. Sono neri e dipinti sotto la cintura.
Irotomesode - formale, ma non troppo, in tinta unita, ma di colori diversi dal nero. Lo usano le donne sposate.
Houmonji - è un kimono decorato sulle spalle e fino sotto la cintura, e può essere indossato da tutte le donne.
Tsukesage - simile all' Houmonji, ma con decorazioni un po' meno vistose che prevalentemente si sviluppano sotto l'obi. 
Il kimono è anche composto da numerosi accessori che spesso lo rendono un indumento davvero difficile da indossare. Oltre a ciò che si vede, ovvero tabi, le calze, geta, i sandali e i kanzashi, ornamenti per capelli, esistono molte cose che non si vedono e possono variare a secondo del tipo di kimono che indossiamo.
Siete stati in vacanza in Giappone, avete comprato un kimono e non sapete come indossarlo?
Vi spieghiamo come fare in pochi e semplici passi:

  1. indossate il vostro kimono come se stesse indossando una vestaglia
  2. con la mano destra afferrate le estremità dell'apertura del vostro kimono, per intenderci la parte davanti ai due lati che iniziano ad allargarsi
  3. con ancora in mano i due lembi fate salire il kimono fino a distanziarlo di non più di 5 centimetri da terra e con l'altra mano fermatelo anche sulla schiena mettendo un dito nel centro di essa
  4. a questo punto chiudete il vostro Kimono da sinistra verso destra, mantenendo sempre l'altezza
  5. indossate la prima cintura che, posta sotto la piega appena ottenuta fermerà l'altezza, fate un piccolo fiocco laterale e cercate di rientrare all'interno della stessa cintura le parti che fuoriescono.
  6. prendere la coda, o la testa dell'obi tra le mani, misurare due volte il palmo aperto della propria mano e ripiegarlo su se stesso una sola volta per conservare della stoffa che servirà dopo
  7. poggiare sul kimono a partire da sotto il petto l'obi a partire dal davanti e iniziando proprio dalla parte ripiegata
  8. fatelo girare due volte intorno alla vita e quando finite, proprio al punto di partenza, uscite con cura la parte di stoffa conservata e fate un nodo con la parte rimasta
  9. inserite momentaneamente la stoffa all'interno del kimono all'altezza del petto
  10. prendete la parte rimasta, che è quella più lunga, e ripiegatela in due stringendo il centro per fare il fiocco
  11. adesso uscite la stoffa che avete conservato e al centro del fiocco passatela fino a quando potete.
  12. il fiocco è pronto giratelo verso destra per posizionarlo sul retro e il "Gioco" è fatto.
Troppo difficile?
Si è difficile, ma seguendo le istruzioni prima o poi dovreste riuscirci. Comunque ricordate che anche su "Youtube" esistono numerosi video riguardanti la vestizione di un kimono. Fateci sapere!

Una terra con due anime

Ho parlato a lungo, ieri, con uno dei miei amici giapponesi a proposito del fatto che una delle cose che di più mi colpisce di questa terra e dei suoi abitanti è il contrasto che esiste tra una sfrenata tecnologia e il desiderio di modernità, da una parte, e tradizioni dall'altra. Il mio amico mi ha spiegato che, in realtà, la ricerca e lo spasmodica desiderio di una di queste due cose, parlava ovviamente della modernità, rappresenta la perdita di qualcosa dell'altra. 
Secondo gli occhi di un Giapponese, dunque, l'incalzante ritmo del progresso che continua a bussare alle porte del Giappone, rappresenta un continuo distacco, un allontanamento, da tutto ciò che è tradizione, dalle cerimonie che hanno reso il paese del sol levante famoso nel mondo, dai costumi, e da tutto ciò da cui noi occidentali continuiamo ad essere attratti.
"Abbiamo perso qualcosa" - ha spiegato - e "quel qualcosa sembra si allontani sempre di più dal nostro sguardo". Modi di fare, atteggiamenti, persino il tradizionale rispetto e la famosa educazione, tutte le cose che noi amanti di questa terra adoriamo, rischiano di venire compromessi. I giovani si allontanano sempre di più dalle abitudini degli anziani e il divario tra modernità e tradizione cresce. 
Uno straniero, come me, forse, non può comprendere fino in fondo questo pensiero, perché ancora oggi riscontro molta differenza tra i modi educati e rispettosi di un giapponese e quelli del resto del mondo, perché ancora oggi le tradizioni di questo paese attirano visitatori da ogni parte e soprattutto perché quando cammino in una grande strada piena di grattacieli e grandi negozi, se sono stanca, mi basta girare per una strada secondaria per trovare un luogo, un piccolo vicolo, dove il tempo sembra essersi fermato. Una piccola stradina, che all'apparenza sembra essere insignificante, diventa per me una sorta di visione paradisiaca, un conforto per gli occhi, stanchi di guardare in alto verso le costruzioni gigantesche che riescono anche a coprire il cielo. 
Poi ci sono i parchi e ci sono anche i giardini, talmente puliti e sistemati, da diventare luogo di pensiero, posti in cui riflettere e riordinare le idee.
 Ci sono le biciclette e ci sono i ragazzi delle consegne a domicilio. Ci sono i templi e ci sono tutti questi paesaggi che lasciano senza fiato e che, a noi stranieri, ci proiettano all'interno di un manga di cui ci sentiamo protagonisti. Ci sono le insegne scritte con i kanji, e ci sono uomini e donne in abiti tradizionali.
Poi ancora una volta, giri un angolo, ed ecco che imponente il progresso si staglia fiero davanti agli occhi. Questo è il Giappone di oggi, una terra con delle tradizioni da proteggere, un luogo in cui due anime continuano a convivere insieme.

Il Giappone e la pena capitale

Tutte le volte che guardo il telegiornale e mi rendo conto di tutte le cose terribili che alcuni esseri umani sono capaci di fare dico sempre che in certi casi ci vorrebbe davvero la pena di morte, ma non so davvero se alla fine, trovandomi al posto di chi decide sarei capace di infliggerla. Decidere della morte di qualcuno è una responsabilità molto grande che io personalmente non sarei in grado di gestire. Ogni giorno anche qui in Italia assistiamo a fatti di cronaca a dir poco allucinanti, omicidi compiuti su bambini, stupri, mogli uccise e cadaveri occultati, figli che uccidono genitori, fidanzati gelosi che colpiscono a morte la propria donna. 
Ci vuole la pena di morte? Non mi sento di giudicare, anche se tutte le volte che ascolto una notizia del genere la rabbia esplode, una rabbia che tocca l'apice quando scopro che per un omicidio si può tornare in libertà anche dopo 10 anni.  
La pena di morte, comunque, in questi giorni è tornata alla ribalta in Giappone. Nel 2011, non vi era stata alcuna esecuzione, ma quest'anno le vittime delle "forca" sono già cinque e altri 130 attendono all'interno del braccio della morte. Le associazioni umanitarie contro la pena capitale sono ovviamente insorte, ma certamente le vittime non erano santi e in Giappone il consenso alla pena di morte da parte dei cittadini è altissimo e si parla di cifre che raggiungono l'85%.
Gli ultimi due detenuti ad essere giustiziati, venerdì, sono stati Junya Hattori, che stuprò e uccise una diciannovenne nel 2002, e Kyozu Matsumura, condannato per due omicidi commessi verso familiari.
Siete d'accordo sulla pena?
Se mi metto nei panni dei genitori della ragazza di 19 anni stuprata e uccisa, la mia risposta diventa più che ovvia, ma molti nel mondo non la pensano così ... .
E allora mi chiedo, davvero tutte le associazioni e tutti i cittadini contrari pensano che sia più giusto porgere l'altra guancia? Perché se è vero che non si può decidere della morte di un'altra persona è altrettanto vero che non si possono lasciare in giro persone capaci di commettere simili reati.
Comunque anche nel 2012 il dibattito sulla massima pena rimane ancora aperto, soprattutto perché, tra i paesi democratici Giappone e Stati Uniti sono gli unici paesi a conservare ancora l'esecuzione capitale nel proprio statuto. Ma voi che ne pensate?

Il giorno delle bacchette (hashi no hi)

Mentre facevo un po' di "zapping", tra i numerosi siti giapponesi, mi sono ricordata che tra poche ore, sarà il 4 agosto e proprio in questa data è stata fissata la giornata della commemorazione delle bacchette, ovvero "hashi no hi". Non so voi, ma fin da quando ero piccola questi due bastoncini hanno sempre destato la mia curiosità e finalmente sono riuscita a soddisfarla cercando ovunque notizie sulle origini di quest'oggetto. Ho scoperto davvero tante cose che voglio raccontarvi. 
Prima di tutto vi parlo di numeri e vi assicuro che questa proprio non me l'aspettavo davvero, pensate: il 40% degli abitanti del mondo mangia con le mani, pazzesco?, si, ma non è finita, il 30% (solo il 30) adopera le posate occidentali ... Avete già fatto i conti?... Il restante 30% adopera le bacchette. 
In un primo momento non riuscivo a credere a questa statistica, ma in effetti se pensiamo al numero esorbitante di asiatici residenti in Cina, i conti iniziano a tornare.
Detto questo... Dove? Come e quando sono nate le bacchette che noi appassionati del Giappone amiamo tanto?
Perché, diciamolo, mangiare con questi pezzetti di legno ci immerge in una calda atmosfera orientale e ci fa sentire un pizzico più vicini alla cultura che tanto inseguiamo.
Le bacchette sono nate in Cina e tante sono le leggende che ruotano attorno a loro, ma è certo che già venivano usate intorno al 1400 A.C. durante la dinastia Shang e, inoltre, rudimentali bastoncini sono stati trovati anche in alcuni siti archeologici israeliani, sembra quindi che già in periodi antichissimi, esistessero scambi commerciali tra questi paesi. Le bacchette venivano anche utilizzate dalle popolazioni mongole civilizzate.
 Oggi in Cina si chiamano Ku'ai, con il significato di rapido, in Giappone hashi, in Corea jeotgarak e in Vietnam dua. 
Tra questi paesi esistono comunque delle differenze, infatti, in Cina e in Giappone sono molto diffusi i bastoncini in legno o in bambù, che possono essere grezzi o laccati, i primi solitamente sono monouso e vengono usati per lo più nei ristoranti, i secondi sono spesso coloratissimi e spiritosi e, se utilizzati come souvenir  possono recare l'incisione con il nome del proprietario.
In Corea, invece, le bacchette vengono normalmente fabbricate in metallo.
Inoltre, i bastoncini cinesi sono più lunghi , quelli giapponesi corti e medi perchè solitamente quelli destinati alle donne misurano meno, quelli coreani sono molto sottili e di media lunghezza, mentre quelli vietnamiti sono simili a quelli della vicina Cina e affusolati sulla punta.
Adoperare le bacchette non è molto facile e spesso ognuno finisce per usarle a modo proprio e per questo è nata la giornata delle bacchette. Nel 1975, proprio il 4 agosto, il governo Giapponese decise di lanciare un programma sul corretto utilizzo dei bastoncini. Questa data è anche un gioco di parole, infatti in Giappone le date si leggono al contrario e quindi prima viene posto il mese, 8, che in giapponese si può abbreviare con "ha", normalmente è hachi, e poi il giorno, 4, che si traduce con shi, ed ecco venire fuori la parola "hashi", bacchette.
Per finire è importante sapere che in Giappone ci sono alcune cose che non si fanno con le bacchette: 
- non si gesticola e non si punta, considerandole così come un prolungamento delle dita
- non si poggiano sul tavolo, tranne che non vi sia un poggia bacchette
- non si usano per infilzare il cibo
- qualora si prenda del cibo da un piatto comune è buona regola farlo girandole verso l'impugnatura, evitando così che la parte che è stata a contatto con la bocca tocchi il piatto
- non si lasciano all'interno della ciotola di riso in posizione verticale, cosa che ricorda gli incensi che vengono bruciati durante le cerimonie funebri
- non si usano per passare il cibo ad un altro commensale.
Anche per cucinare, soprattutto per girare o afferrare la tenpura o la carne nel fuoco, in oriente si usano dei bastoncini particolarmente lunghi.
Ed ecco una delle leggende sull'origine delle bacchette:
Siamo in epoca Shang ed uno dei re di quel periodo, Zhowang, aveva un brutto caratteraccio e si lamentava in continuazione per il cibo, soprattutto quando era caldo, e per questo, il più delle volte arrivava a condannare a morte i cuochi. Si dice che allora la sua concubina assaggiasse tutti i suoi piatti per cercare di ovviare a qualsiasi problema potesse presentarsi. Un giorno essendosi accorta che la carne era bollente, tolse una spilla di giada dai capelli e decise di imboccare personalmente il re dopo aver preso il cibo con lo spillone e averci soffiato sopra. Contento per la soluzione trovata dall'amata il re si fece fabbricare delle bacchette che piano piano si diffusero in tutto il regno. 
Per commemorare le bacchette ogni 4 di agosto i giapponesi portano un paio di vecchie bacchette nei templi a danno inizio ad una cerimonia di ringraziamento.